Sordità, tra ignoranza e pregiudizima oggi una vita normale è possibile
Oggi in Italia i non udenti dalla nascita sono circa 25mila; una patologia ancora circondata da luoghi comuni, eppure sedute specialistiche e apparecchi acustici possono assicurare un'esistenza normale. Divide la proposta di legge che vuole la lingua dei segni come lingua minoritaria
di LORENZA CASTAGNERI ROMA - Una patologia circondata da pregiudizi e molti luoghi comuni. Questo è ancora oggi la sordità in Italia. Tra scarsa conoscenza dei meccanismi alla base della patologia e poca chiarezza sulle cause, manca una definizione condivisa di "non udente". Anche i dati sono approssimativi e nel frattempo impazza la polemica tra coloro che vorrebbero vedere la Lis riconosciuta come una lingua ufficiale e chi - tra gli altri medici specialisti e associazioni - non accetta la proposta.Una definizione. "Per non udenti si intendono i 'sordi profondi bilaterali' - spiega Giuseppe Gitti, logopedista del Centro di rieducazione ortofonica di Firenze - . Oggi in Italia sono circa 25mila. Non ne nascono più 300 all'anno, circa 2 o 3 per provincia". Un numero esiguo per cui l'insorgenza della malattia può essere legata a cause diversissime. "La sordità è solo in parte un handicap ereditario, legato a questioni genetiche. Nel 95 per cento dei casi i genitori di un bambino non udente non sono sordi", spiega Gitti.
Proprio come Laura Brogelli e suo marito. Fiorentina, Laura è mamma di un bambino di tre anni sordo dalla nascita. Le diagnosi prenatali classiche non avevano rivelato nessuna anomalia. I primi problemi sono emersi quando il bambino aveva un anno. "Lo chiamavo e non rispondeva, così ci siamo rivolti ai medici". Prima un classico esame audiometrico, poi uno più specifico, l'Abr. L'esito fu "sordità totale bilaterale".
Diagnosi e terapie per vivere normalmente. Ecografie, amniocentesi. Nessuno di questi test rileva la sordità nel feto. "Ma dopo la diagnosi, attraverso le terapie e l'uso delle protesi, i non udenti, sebbene non possano iniziare a sentire come una persona nata perfettamente sana, imparano a parlare e riescono a comprendere tutto senza difficoltà, aiutati anche dalla lettura del labiale", spiega lo specialista. Insomma, una vita normale, facilitata anche dal fatto che oggi la comunicazione verbale, tra sms, email e chat, è sempre più "visibile". Certo, le sedute con il logopedista e l'uso di apparecchi acustici sono fondamentali.
In Italia cure all'avanguardia. Tra gli strumenti a disposizione, il più comune è l'amplificatore di suoni che si colloca dietro l'orecchio. C'è poi il cosiddetto orecchio bionico, ovvero l'impianto cocleare, che si inserisce nell'orecchio interno del paziente attraverso un intervento chirurgico. L'operazione è interamente a carico dello Servizio sanitario nazionale, mentre la spesa per gli amplificatori richiede un contributo da parte delle famiglie. La situazione, tuttavia, varia da regione a regione. In Toscana, ad esempio, il servizio sanitario pubblico concede gratuitamente ai non udenti anche le pile per gli apparecchi. ''In Italia la ricerca e le cure per la sordità sono all'avanguardia - dice ancora Gitti - . Sul territorio sono presenti tanti centri specializzati per i non udenti. Forse si potrebbe creare un miglior coordinamento tra ospedali a livello nazionale, ma la situazione nel nostro Paese è tutt'altro che nera''.
Riconoscere per legge la Lis come lingua. Lo scorso luglio è stata presentata in Parlamento una proposta di legge bipartisan tesa alla "promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". In particolare, la legge propone il riconoscimento della Lis, la lingua dei segni italiana, come una lingua autonoma. Un provvedimento contrastato dal Comitato nazionale genitori familiari disabili uditivi, di cui anche Laura Brogelli fa parte. "Riconoscere la Lis come una lingua vorrebbe dire che esiste una minoranza, distinta in base a un deficit fisico, che usa correntemente questa lingua - spiega Brogelli - ; un popolo di sordi, insomma. Non ci opponiamo all'uso del linguaggio gestuale - precisa - , ma al riconoscimento della lingua italiana dei segni. Se ciò accadesse i sordi tornerebbero a essere sordomuti".
"Proprio così - concorda Giuseppe Gitti - . Alla base della proposta di legge c'è l'idea stereotipata che i sordi siano anche muti e che possano esprimersi solo a gesti. Sbagliato. Come detto, la stragrande maggioranza dei bambini sordi nascono e crescono in una famiglia in cui non ci sono altri non udenti e non conoscono la Lis. E poi con la terapia e gli apparecchi acustici suppliscono perfettamente al deficit".
La spesa. Alla questione culturale si aggiunge la spesa pubblica che l'accoglimento della proposta di legge comporterebbe. "Per lo Stato sarebbe un dispendio enorme", dice Gitti. Tra le spese per la formazione degli interpreti in ambito scolastico e per garantire la presenza di almeno uno di loro in tutti gli uffici pubblici italiani, il Comitato stima che la spesa sarebbe di almeno 200 milioni di euro, considerati 25mila sordi profondi bilaterali dalla nascita.
"La sordità non è uno status, ma un deficit rimediabile", sottolineano dal Comitato. Lo dimostra il figlio di Laura. Frequenta il primo anno di scuola materna e sa interagire senza particolari difficoltà. "L'emozione più grande è stata sentirlo pronunciare la sua prima parola: pipì. Non lo dimenticherò mai".
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