Diritto Udito- Famiglie e medici chiedono lo screening per tutti
Solo a 6 neonati su 10 viene fatto il test per scoprire la sordità
La diagnosi precoce è fondamentale
I numeri- Ogni anno in Italia nascono 200 bimbi con una forma di sordità profonda«Lo screening uditivo neonatale è un dovere per ogni punto nascita in Italia». Lo spiega bene Jodi Cutler Del Dottore, una dinamica (!!) americana di Baltimora trapianta in Toscana da 13 anni, rappresentante di un movimento di genitori e animatrice di un blog (daigenitoriaigenitori.blogspot.com) e di un forum su Facebook molto seguiti. Suo figlio Jordan soffre dalla nascita di sordità profonda, malattia superata grazie alla diagnosi tempestiva e all' impianto cocleare eseguiti in Italia. Jodi, come la maggior parte delle famiglie con bambini sordi, si sta battendo perché la visita audiologica neonatale diventi obbligatoria dappertutto.
Il motivo? Più precoce è la diagnosi, prima si può partire con il trattamento e la riabilitazione. E maggiore diventa la percentuale di successo nello sviluppo generale e del linguaggio del bambino. A livello internazionale c' è ormai un consenso diffuso sulla necessità di uno screening universale, non limitato dunque ai bimbi a rischio, entro i primi 3 o 4 mesi di vita. Anche in Italia i numeri lo confermano. «La sordità presente alla nascita ha un' incidenza di 1-2 ogni mille nati - dice Roberto Albera, responsabile di Audiologia all' ospedale Molinette di Torino -. Ogni anno nascono 200 bambini con una forma di sordità neurosensoriale profonda». Nonostante i circa 100 mila bambini audiolesi del nostro Paese, la diagnosi di sordità viene ancora effettuata con estremo ritardo, tra i 22 e i 28 mesi.
I dati raccolti dall' Istituto affari sociali di Roma (Ias) svelano che solo 6 bambini su 10 sono sottoposti subito agli esami. «Quando abbiamo iniziato la nostra ricognizione nel 2003 venivano visitati solo 3 bimbi su 10, - racconta Luciano Bubbico, otorinolaringoiatra del dipartimento di Scienze biomediche dell' Ias - ma resta una forte discrepanza tra gli ospedali del Nord, dove lo screening è molto diffuso, quelli del Centro con diverse criticità, e quelli del Sud che invece sono in pratica fermi (vedi sopra)».
Alla fine del 2010, insomma, rimanere sordi o curare la malattia e crescere bene dipende ancora da fattori geografici. La Federazione italiana dei medici pediatri lo ha capito e, in collaborazione con la Società italiana di audiologia e le associazioni dei genitori, ha creato una propria rete audiologica. «Cerchiamo di informare e formare i colleghi - spiega Giovanni Lenzi, pediatra responsabile del progetto - perché utilizzino lo screening e abbiano gli strumenti per poter valutare le tappe dello sviluppo uditivo del bambino».
In generale manca dunque un quadro d' insieme che preveda lo screening iniziale, tutta la rete dei controlli di secondo livello, i Centri di riferimento regionali e un Registro nazionale. «In un Paese civile è essenziale - sottolinea Alessandro Martini, audiologo dell' università di Padova -. Serve anche a capire se nelle varie regioni esistono fattori di tipo epidemiologico più importanti di altri e quindi ad intervenire a livello di prevenzione».
Da parte di molti viene invocata l' adozione delle Linee guida nazionali sullo screening, presenti nel provvedimento sui Livelli essenziali di assistenza, congelato da ormai un anno per problemi di copertura finanziaria. Per sbloccare le Linee guida, si auspica che siano svincolate dai Lea e inserite nel nuovo Piano sanitario nazionale 2010-2012 in discussione.
Screening sì, ma non solo: l' Ente nazionale sordi (www.ens.it) lamenta anche la carenza di informazione alle famiglie su tutto l' iter educativo e riabilitativo del bimbo sordo. Ruggiero Corcella RIPRODUZIONE RISERVATA
Corcella Ruggiero
Pagina 59
(10 ottobre 2010) - Corriere della Sera
Se avete delle domande, mi potete contattare - jodi.cutler@tiscali.it
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