Friday, April 29, 2011

"Se vuoi capire la natura di chi non sente, devi saper ascoltare"


Roma. La diva delle percussioni: non ascolto la mia musica

Non è il suo argomento preferito, essendo l'ossessione dei suoi interlocutori. Ma lei sa che non può eludere la domanda. «Quando il pubblico si meraviglia di come un musicista sordo possa suonare le percussioni, vuol dire che ho fallito. Io non mi considero un miracolo della natura».

Evelyn Glennie non è un fenomeno da baraccone ma una donna che si è messa alla prova con una forza straordinaria, un'eroina dei Due Mondi: si è esibita con Ozawa, Haitink, Abbado, Maazel; ha collaborato con Elton John («mi colpisce lo sguardo ampio, la sua consapevolezza della dimensione orchestrale»), Sting («bussa ai diversi dialetti musicali») e Björk («con lei ho suonato strumenti inusuali»). Ma il musicista da cui è stata maggiormente influenzata è Glenn Gould, il pianista canadese che amava la logica di Bach e detestava Chopin e la sensualità dei romantici e che, a 32 anni, decise di negarsi agli applausi del pubblico rifiutando di esibirsi dal vivo: «Gli piaceva la sua libertà, il suo spingere i confini tra vecchia e nuova musica».

Dopo sei anni, il 12 maggio al Teatro Olimpico, ospite dell'Accademia Filarmonica, Evelyn tornerà a Roma. Nel recital «Il suono della terra» , sola in palcoscenico, suonerà dieci brani, da Rzewski a Piazzolla, da Reich a Stevens. Alcuni li ha arrangiati o trascritti lei, la 46 enne di Aberdeen, Scozia. Ebbe un'adolescenza felice in campagna, «la libertà, l'aria fresca, gli animali, la pienezza delle stagioni che si avvicendavano hanno dato vita al mio romanzo di formazione, un viaggio di crescita» .

Prima di essere aggredita dalla sordità a 12 anni, per una malattia nervosa, si dilettava al pianoforte. «Non ho perso l'udito da un giorno all'altro racconta lamusicista e compositrice via blackberry appena tornata da Taiwan ho fatto in tempo ad abituarmici». Il suo segreto? Vibrazioni. È attraverso le vibrazioni che sente ritmi e melodie. In concerto si toglie le scarpe, e dal pavimento, co n i piedi nudi, coglie le vibrazioni.

Una volta ha raccontato che se i rami di un albero si agitano, lei sente il vento che passa attraverso.

«Il movimento visivo mi consente di immaginare il suono, io sento perché vedo». Usa il corpo come una grande cassa di risonanza: «I suoni bassi li percepisco soprattutto attraverso gambe e piedi, i suoni alti attraverso il viso, il collo e il petto». Dice di non essere «completamente sorda» ma «profondamente sorda», e di aiutarsi «leggendo» le labbra di chi le parla; racconta che la sordità viene avvicinata «in modo povero, c'è un falso convincimento secondo cui i sordi vivono in un mondo di silenzio. Se vuoi capire la natura di chi non sente, devi saper ascoltare. E poi ognuno di noi percepisce un suono in maniera diversa. Per me, ascoltare è una forma specializzata di comunicazione. Il suono è una vibrazione dell'aria che l'orecchio capta e converte in segnali elettrici, i quali vengono poi interpretati dal cervello. Si tende a distinguere tra ascoltare un suono e sentire una vibrazione, in realtà sono la stessa cosa. Il corpo è come un grande orecchio e di conseguenza ci sono tante possibilità di ascoltare e apprezzare la musica». «I miei genitori sono stati d'accordo con me nell'evitarmi scuole per sordi, per non farmi sentire diversa. Questo mi ha rinforzato. Ho avuto periodi bui, drammatici. Ma non mi sono mai lasciata andare, non ho mai ceduto».

Ha studiato alla Royal Academy of Music di Londra. «L'Academy aveva due sfide, come affrontare il caso inedito che io rappresentavo, e come affrontare una musicista come me che voleva diventare una solista di percussioni». Dal vivo, Evelyn è un vulcano di energia musicale. Il suo eremo ritmico comprende marimba, batteria, vibrafono, maracas, ma anche nuove invenzioni (lei cita il tamburo denominato Halo), che sembrano evocare gli elementi primordiali della Terra.

«Sul palco ho bisogno di un rapporto emotivo. È come se, con la musica e con gli str umenti non avessi avuto esperienze prima. Quando suono con altri ho una serie di accorgimenti visivi. Come spettatrice, vado spesso ai concerti per Orchestra, mentre ascoltare musica da camera è dura». L'intento di Evelyn non è quello di suscitare reazioni morbose. Non ha mai pronunciato la parola handicap. «Sa che cosa dico a chi vuole ascoltarmi? Nessuno capisce davvero come posso fare quello che faccio. Ma, per favore, divertitevi e dimenticate il resto».

di Valerio Cappelli
(fonte: Press-IN anno III / n. 1225 - Il Corriere della Sera del 28-04-2011)

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