Sunday, November 20, 2011

Jordan ed Io

I nostri ragazzi si raccontano….

Io Jordan … un po’ italiano, un po’ americano

(Questo racconto è stato scritto da Jordan circa tre anni fa quando frequentava ancora la scuola media. Oggi Jordan ha 15 anni e frequenta il secondo anno della scuola superiore per Grafico Pubblicitario. E’ stato impiantato all’età di 8 anni. Parla l’italiano con un lieve accento toscano e l’inglese con una leggera inflessione italiana.)


Sono nato sordo. E sono nato negli Stati Uniti. Queste due cose mi rendono molto diverso dagli altri.
Da quando avevo 12 mesi andavo a logopedia quattro volte alla settimana. Mi trovavo malissimo, avrei preferito giocare o riposarmi. All’inizio portavo gli apparecchi acustici che mi aiutavano a sentire. La mia logopedista si chiamava Iris ed ogni volta che andavo lì mi aiutava a parlare insegnandomi delle parole nuove.

Piano piano sono riuscito ad imparare l’italiano. Poi ho iniziato a frequentare la scuola materna e ho trovato tanti bambini diversi da me, che non avevo mai conosciuto. Nonostante il fatto che non sentivo bene ed ancora non ero capace di parlare bene, ho fatto amicizia con molti di loro. Giocavamo a calcio, a costruire
edifici o a fare la guerra per finta. Dopo la scuola materna, ho iniziato la Scuola Elementare. Una classe nuova con bimbi nuovi. Non mi sono trovato molto bene all’inizio perché c’era un bambino che mi dava fastidio e che mi prendeva in giro per il fatto che non parlavo bene. Ero molto frustrato.

La mia maestra di sostegno, Giulia, mi ha aiutato molto in classe anche perché non sentivo molto bene quello che la maestra spiegava. I bimbi della mia classe mi hanno aiutato, ma ero bizzoso e triste. Qui ho conosciuto
il mio amico migliore, Simone. Lui mi ha invitato a dormire a casa sua e abbiamo capito di avere molte cose in comune tipo la Playstation, il computer e basketball. Mi divertivo tanto con Simone, ma l’ambiente a scuola era molto rumoroso e pieno di confusione. Non riuscivo a sentire bene con gli apparecchi acustici, allora i miei genitori hanno deciso di farmi fare l’intervento per un impianto cocleare a Pisa.

Ho fatto l’intervento quando avevo otto anni. Devo dire che quel Natale l’ho passato in modo molto diverso dal solito. Babbo Natale è venuto all’ospedale a trovarmi e mia nonna ha preparato tutto un pranzo che abbiamo mangiato nella mia stanza, tutti insieme. Fare l’intervento è stato spaventoso e miei amici erano preoccupati per me. Infatti, quando sono tornato a scuola, mi hanno fatto l’applauso. Mia mamma è venuta a
scuola per spiegare tutte le cose importanti dell’impianto alla mia classe. Mi ricordo che per la prima volta sono stati tutti zitti ad ascoltarla. Mi hanno aiutato a portare lo zaino e hanno iniziato a cambiare atteggiamento con me. Anch’io sono cambiato.

Siccome pur essendo un bambino sordo riuscivo a parlare abbastanza bene, ci hanno chiamato su Rai Uno per parlare della sordità e dell’impianto cocleare. La mia mamma mi ha detto che era importantissimo andare così altri genitori di bambini sordi avrebbero avuto speranza in un percorso difficile. Ho suonato il piano forte in televisione ed ho raccontato la mia esperienza.

Ho spiegato tutte le cose che sento. Con l’impianto cocleare sento molto meglio tutti i rumori intorno a me. Sento gli uccelli, mia sorella che urla, la televisione, mia nonna al telefono, miei nonni negli Stati Uniti al computer e sempre tanta confusione in classe. Prima suonavo il piano forte e adesso suono la chitarra e frequento una scuola media che specializza in musica. La prima settimana del primo anno della scuola media, la professoressa ci ha chiesto di spiegare qualcosa speciale di ciascuno di noi. Io mi sono alzato ed ho parlato davanti alla mia classe dicendo, “Io sono sordo ed essendo sordo ho capito che le persone possono
avere paura dell’impianto cocleare che porto sull’orecchio sinistro. E’ un po’ strano. Forse qualche volta parlo in modo diverso. Forse qualche volta non capisco quello che le persone mi dicono.

Essere sordo mi rende diverso e tante volte le persone hanno paura delle cose che non capiscono.

Ma, come tutti voi, gioco alla Playstation, guardo la televisione, gioco a baseball e faccio gli scherzi.” La mia classe mi ha fattol’applauso e mi sono sentito tranquillo. Adesso frequento la seconda media. Devo dire che in classe mi sento diverso dai miei compagni. Loro chiacchierano tanto e questo mi crea delle difficoltà. Sono molto fortunato ad avere una compagna di classe che mi aiuta molto e si chiama Martina. Devo dire che in questi ultimi tempi mi sto impegnando molto a scuola e sono riuscito a migliorare i miei voti e sono molto più calmo di come ero prima. Ogni tanto ci fanno fare un saggio per verificare i nostri miglioramenti nel suonare lo strumento.

Io tutte le volte che devo suonare davanti agli altri sono molto timido ma riesco comunque a fare abbastanza bene. Ho iniziato a cercare una fidanzata, ma fino ad adesso tutte quelle a cui l’ho chiesto mi hanno detto che vogliono solo essere delle mie amiche. Questo mi dispiace un po’ perché io sarei un bravo fidanzato. In questo caso non sono molto diverso dagli altri miei compagni di scuola, sono solo più sfortunato...le donne non mi capiscono. Però ora con l’impianto cocleare gli posso chiedere senza problemi se vogliono mettersi insieme a me.

Vorrei terminare questo mio breve racconto dicendo che essere nato sordo mi ha reso diverso da altri ragazzi della mia età, ma di sicuro sono uguale a loro nella maniera in cui voglio bene ai miei familiari. E con l’impianto cocleare adesso glielo posso dire direttamente o anche al telefono.

Ora parlo io… di Jodi Michelle Cutler, mamma di Jordan

Mi ricordo ...

… quando il mio pediatra americano non ci ascoltò nonostante avessimo espresso le nostre preoccupazioni che Jordan era sordo;
… il momento in cui mi hanno confermato che era sordo in una lingua che non era la mia e che mi hanno fatto sentire ignorante perché non la capivo;
… di aver ripetuto ogni parola almeno 100 volte prima che entrasse a far parte del linguaggio di mio figlio;
… di essere rimasta fuori della scuola materna a piangere come una disperata cosciente del fatto che Jordan era lì dentro quella scuola a disperarsi in mezzo ai bimbi udenti che non riusciva a capire;
… quando gli insegnanti della scuola materna mi hanno consigliato di trattenerlo un altro anno perché secondo loro era potenzialmente pericoloso;
… quanto ho lottato per insegnargli a leggere quando aveva quattro anni, in modo che lui sarebbe stato avanti prima di entrare alla scuola elementare perché in questo modo, avrebbe potuto compensare le sue lacune nelle competenze linguistiche;
… quando i miei genitori, più volte, mi hanno chiesto quando avrebbe imparato a parlare l’inglese mentre stavo lottando per insegnargli l’italiano;
… quando un membro della famiglia mi ha detto che stavo per distruggere mio figlio, nel momento preciso in cui gli dissi che ero incinta di Sofia Madyson;
… quando Jordan ha gettato una sedia dall’altra parte della stanza frustrato perché un altro bambino aveva colpito il processore del suo impianto cocleare e lui aveva avuto così tanta paura che non sapeva cosa fare.

E mi ricordo bene quando ...

ha cantato per la prima volta in un coro,
ha suonato la sua chitarra davanti ad un pubblico di cinquanta persone,
ha parlato di ciò che significa essere sordo davanti a 200 persone,
ha vinto un premio per un tema che ha scritto su ciò che significa essere sordo,
ha parlato con la mamma di un altro bambino sordo,
mi ha chiesto di aiutarlo a trovare una ragazza,
ha giocato a nascondino e ha sentito il bambino contare,
mi ha detto: “Mamma, mi vuoi rispondere... ma sei sorda?”

Mi avevano detto di parlare solamente in Italiano con Jordan, perché parlare anche in Inglese l’avrebbe confuso. Ma dire “Ti voglio bene” per me, non è la stessa cosa di un “I love you”. Ed io ho insistito.

L’estate scorso eravamo a Baltimora dai i miei genitori e….una sera ho chiamato mia mamma su di sopra perché quando i bimbi erano piccoli veniva sempre insieme a me a metterli a letto ed era un bel po’ di tempo che non lo facevamo. Ad un certo punto, Jordan ha detto, “Nonna ti vedo una volta all’anno e ho voglia di parlare con te”.

Mia mamma ha detto: “Dimmi!” Jordan ha parlato per un’ora, un’ora intera, in inglese con mia mamma.
Ha parlato della sua vita in Italia, dei suoi amici e delle sue paure per le superiori.

In inglese.

Non avete idea.

Mia mamma faceva delle domande in inglese e lui ha risposto in inglese. Mi ricordo tutte le volte che cercavamo di tirare fuori solamente una parola in italiano, tutte le bizze ed i momenti duri che non passavano mai.

E adesso parla anche l’inglese.

Insomma, la mia più grande speranza è che Jordan cresca rendendosi conto della bella persona che è e delle sue capacità, della sua intelligenza, della sua unicità, senza cercare di appiccicarsi
addosso qualche etichetta, insomma *indipendentemente* dal fatto che sia sordo.

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