Thursday, April 7, 2011

Diritto ad Avere una Voce

Lettera inviata ai componenti della Commisione Affari Sociali della Camera

Onorevoli

(Genitori di FIADDA Toscana*)

Facciamo parte di un'Associazione Nazionale che da oltre quarant'anni rappresenta le famiglie di bambini sordi e vogliamo esprimere la nostra assoluta contrarietà all'approvazione della Proposta di Legge C.4207 (Disposizioni per la promozione della piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva e riconoscimento della lingua dei segni italiana), approvata e trasmessa dal Senato il 23 marzo scorso [il testo, disponibile cliccando qui, ha riunito varie altre proposte precedenti, N.d.R.], perché nuocerebbe gravemente all'acquisizione da parte di tutti i bambini sordi della lingua italiana, unico mezzo di reale integrazione e inclusione nella vita del Paese. Non si può pensare, infatti, che lo Stato sancisca per legge che le persone sorde debbano essere totalmente dipendenti da "interpreti" di un linguaggio sconosciuto ai più.

Le persone sorde in Italia sono circa 23.000 (lo 0,04% dell'intera popolazione) e di queste il 90% hanno genitori e familiari udenti.
La realtà italiana è migliore rispetto a quella prospettata nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Da almeno quarant'anni, infatti, nel nostro Paese esiste per i bambini nati sordi la possibilità - tramite un corretto approccio sanitario - dell'apprendimento della lingua orale.

In Italia, quindi, le persone sorde sono libere dalla dipendenza di un linguaggio alternativo perché, grazie alla nostra struttura sanitaria e ai protocolli delle ASL, possono, senza mezzi termini, essere alla pari con tutti, parlare la lingua di tutti ed essere parte della comunità del popolo italiano.
Inoltre, anche la nostra legislazione è idonea e all'avanguardia, con la Legge 104/92 che tutela in modo efficace le persone con handicap, comprese quelle che abbiano necessità di un linguaggio mimico gestuale.

Riteniamo quindi che non abbia senso tornare indietro a un linguaggio mimico gestuale, che è solo ghettizzante, anacronistico e va contro, di fatto, allo stesso articolo 3 della Costituzione italiana [«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali...»].
I risultati concreti dimostrano poi che il bambino nato sordo non ha alcuna necessità di quel linguaggio, nemmeno per acquisire in modo migliore la lingua italiana. La Lingua dei Segni (LIS), infatti, "parla" per immagini, mentre la lingua italiana parla per concetti: sono quindi due canali di apprendimento completamente diversi che non possono, in nessun caso, essere equiparati a un bilinguismo vero e proprio, come quello, ad esempio, cui è esposto un bambino figlio di genitori di lingua italiana e inglese. La lingua naturale di un bambino è quella che usano i genitori.

Le persone sorde hanno un deficit, una disabilità fisica e quindi è impensabile che possano - per questo dato meramente fisico - essere classificate come "minoranza linguistica" ai sensi dell'articolo 6 della Costituzione [«La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»].

È pertanto illogico definire l'appartenenza a una minoranza linguistica su una base puramente sensoriale, anche per il fatto che tutte le minoranze linguistiche riconosciute in Italia hanno una distribuzione territoriale definita. Il ladino, ad esempio, la lingua della minoranza linguistica più piccola in Italia, è parlato da 30.000 persone, circoscritte territorialmente, e ha una sua giustificazione storica, sociale e culturale di secoli. I ladini non hanno una disabilità!
Infine va rilevato che - nonostante quanto previsto nell'articolo 3 della Proposta di Legge («Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica...»), il riconoscimento della LIS sottintende un aggravio della spesa per lo Stato italiano, causato dall'organizzazione dei corsi di formazione dei docenti e degli "interpreti" e dall’inserimento degli interpreti nelle strutture pubbliche. Inoltre, innegabilmente, ciò distrarrà attenzioni e risorse al percorso sanitario (screening neonatale, protesizzazione o impianto cocleare, abilitazione, logopedia), nonostante gli evidenti risultati ottenuti in questo campo.
Il riconoscimento della LIS, quindi, cela a nostro parere solamente interessi economici, condannando all'emarginazione e al silenzio.

I genitori della FIADDA Toscana

*Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi (info@fiaddatoscana.it).


Questa bimba ha perso l'udito a causa di una meningite. E' sorda. Non ci fate caso che sia Americana. Dovrà pure lei avere un interprete LIS a scuola?

2 comments:

  1. Concordo pienamente, pur ritendo la LIS un indispensabile e valido canale comunicativo per soggetti ipoacusici che non riescono ad accedere alla lingua orale, non credo sia corretto considerare le persone non udenti, appartenenti ad minoranza linguistica e socio-culturale. Purtroppo la sordità è un handicap sensoriale le cui conseguenze non si limitano alle difficoltà di sviluppo del linguaggio verbale. Mi sembra riduttivo limitarci a pensare che con la lingua dei segni si possano risolvere le problematiche di tale condizione, a mio avviso, molto più articolata e complessa!

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  2. Concordo anche io, i sordi hanno il diritto di avere la loro voce, anche se in alcuni imperfetta. Penso che è un canale comunicativo per certi livelli di sordità, ma non per ipoacusia come ha scritto prima qualcuno. Ci sono persone che hanno bisogno di un linguaggio alternativo come la LIS, ma non è corretto imporlo a tutti, nè definire i sordi una minoranza linguistica, ecc...

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